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Il collasso del WTC: tra scienza e ingegneria.

Red. Marcello Gatto

Esistono numerosi report che spiegano in maniera dettagliata le cause del collasso del World Trade Center, in quel maledetto 11 settembre del 2001. Molti hanno fornito spiegazioni qualitative; d’altro canto, semplici analisi quantitative evidenziano che alcune delle conclusioni comuni non sono corrette; ad esempio, l’acciaio non poteva fondere in quelle fiamme e c’erano più danni strutturali che problemi legati al “rammollimento” dell’acciaio ad elevate temperature.

Introduzione

Il collasso delle torri del World Trade Center (WTC) l’11 settembre, fu tanto improvviso quanto drammatico; la totale distruzione di due edifici così imponenti sconvolse praticamente tutti. A partire dalle ore successive e ancora oggi, si diffusero ipotesi varie che tendevano a dimostrare come gli edifici fossero strutturalmente inefficienti, che l’acciaio delle colonne si fosse fuso, o che i sistemi di “Fire Suppression” non avessero funzionato.  Al fine di separare la finzione dalla realtà, abbiamo cercato di quantificare i vari dettagli del collasso, a partire dai risultati di ricerche ufficiali e non.

I principali eventi includono:

  • L’impatto degli aerei con danneggiamento delle pilastrate.
  • L incendio con conseguente perdita di resistenza delle colonne e loro deformazione (Figura 1).
  • Il collasso, che si è verificato tendenzialmente verso l’interno, senza un ribaltamento significativo (Figure 2).

Ogni fenomeno sarà discusso separatamente, ma è utile in prima istanza analizzare il sistema complessivo delle torri.

Figura 1.
Figura 2

Le Torri

Le torri furono progettate e costruite tra la metà degli anni 60 e i primi anni 70. Rappresentavano una nuova idea di grattacielo, in cui la leggerezza era l’obiettivo principale, mentre un metodo di costruzione modulare avrebbe accelerato i tempi e ridotto i costi.

Per un ingegnere strutturale, un grattacielo è sostanzialmente una enorme mensola incastrata alla base. Ogni torre aveva una base quadrata di lato 64 m, si elevava per 411 metri dal piano stradale (111 piani), e “sprofondava” al di sotto del piano campagna per oltre 21 metri.  Il loro rapporto altezza-larghezza era pari a 6.8. Il peso totale della struttura fu stimato pari a 500,000 tonnellate, ma era il carico da vento, più che la forza di gravità, a preoccupare i progettisti. Le due torri erano un enorme vela in grado di resistere a venti da uragano superiori a 225 km/h. Furono progettate per resistere a un carico da vento di 2 kPa- per un carico orizzontale laterale di 5000 tonnellate.

Al fine di rendere ogni torre in grado di assorbire questo carico da vento, i progettisti optarono per un design cosiddetto “a tubo”, consistente di 244 colonne esterne di sezione scatolare di dimensioni 36×100 cm (Figura 3).

Figura 3.

Questo consentì di realizzare finestre larghe più di un metro e mezzo. All’interno di questo “tubo”, fu realizzato un nucleo di 27×40 metri, progettato per sostenere il peso della torre. Esso conteneva, inoltre, gli ascensori, i vani scala, e gli impianti idraulici, elettrici e meccanici. Ad ogni piano, una rete di travetti alti 80 cm collegavano il nucleo al sistema esterno. Lastre di calcestruzzo, gettate al di sopra dei travetti costituivano la soletta. In sostanza, l’edificio era una sorta di guscio d’uovo, in cui il 95% del volume era occupato da aria, e ciò spiega perché gli accumuli di macerie dopo i crolli furono relativamente non troppo alti.

Il sistema a guscio d’uovo garantiva l’efficienza di una struttura ridondante ( se una o due colonne fossero collocate, il carico si sarebbe ridistribuito alla colonne adiacenti, evitando collassi).Il WTC fu la prima struttura leggera in acciaio; comunque, le 244 colonne perimetrali rendevano ogni torre “one of the most redundant and one of the most resilient skyscrapers” (uno dei più ridondanti e resilienti grattacieli della storia).

L’impatto

Le prime notizie evidenziavano come le Torri avessero perfettamente resistito all’impatto. Tuttavia, se avessero saputo che la struttura aveva una massa 1000 volte quella dell’oggetto impattante ed era stata progettata per resistere a carichi orizzontali da vento equivalenti a 30 volte il peso dell’aereo, questa capacità di sopportare l’impatto iniziale non avrebbe sorpreso. Inoltre, dal momento che l’11 settembre a New York praticamente non c’era vento, le colonne perimetrali erano state sollecitate al massimo fino a 1/3 del loro carico ammissibile di 200MPa.

L’unico elemento metallico dell’aereo confrontabile per  resistenza alle colonne perimetrali del WTC era il telaio nella parte bassa della fusiliera. Anche se l’impatto del velivolo aveva sicuramente distrutto diverse colonne perimetrali, il numero di colonne perso nell’impatto iniziale non fu così elevato e i carichi furono ridistribuiti alle rimanenti colonne (proprio per la ridondanza della struttura). Di pari o maggiore effetto durante questa fase iniziale fu l’esplosione a seguito dell’ignizione dei 340mila litri di carburante aereo, costituenti circa 1/3 del peso dell’aereo.  L’incendio seguente fu sicuramente la principale causa del collasso (Figure 4).

Figure 4--Web Link
Figura 4.

L’incendio

L’incendio è uno degli aspetti più equivocati del crollo del WTC. Ancora oggi, i media (e anche alcuni scienziati) ritengono che l’acciaio si sia fuso. In particolare, si sostiene che la combustione del carburante produca temperature molto elevate, soprattutto se il carburante è in quantità così elevate. Questo non è vero.

Parte del problema è legato al fatto che la maggior parte delle persone (inclusi alcuni ingegneri) spesso confondono la temperatura con il calore. Invece, i due fattori sono collegati, ma non sono la stessa cosa. Da un punto di vista termodinamico, il calore contenuto in un materiale è legato alla temperatura attraverso il calore specifico e la densità (o la massa). La temperatura è definita come una proprietà intensiva, cioè che non varia con la quantità di materiale. Al contrario, il calore è una proprietà estensiva, cioè varia a seconda della quantità di materiale.

Un modo per distinguere temperatura e calore è osservare che se un secondo tronco è aggiunto ad un camino, la temperatura non raddoppia; essa rimane la stessa, ma la dimensione del fuoco o il tempo di combustione, o una combinazione dei due, raddoppia. Allora, il fatto che ci fossero 340mila litri di carburante aereo concentrati in pochi piani del WTC non significa che ci fosse un fuoco “eccezionalmente” caldo. La temperatura dell’incendio nel WTC non era “eccezionale”, e sicuramente non era in grado di fondere l’acciaio.

Nella scienza della combustione, ci sono 3 tipi basilari di fiamma, denominate “a getto”, “premiscelata”, “diffusa”. Una fiamma a getto in genere si genera miscelando il combustibile e il comburente in proporzioni quasi stechiometriche e l’ignizione della miscela avviene in una camera a volume costante. Poiché i prodotti di combustione non possono espandersi un una camera a volume costante, essi escono dalla camera con un’elevata velocità. Questo è ciò che succede in un motore aereo, e questa è il genere di fiamma che sviluppa il calore maggiore.

In una fiamma premiscelata, la stessa miscela quasi stechiometrica viene innescata appena esce da un ugello, sotto la condizione di pressione costante. La fiamma non raggiunge la velocità della fiamma a getto. Un becco bunsen o una torcia a Ossiacetilene sono esempi di fiamma premiscelata.

In una fiamma diffusa, il combustibile e il comburente non sono miscelati tra loro prima dell’ignizione, ma fluiscono insieme in maniera incontrollata e cominciano a bruciare quando il rapporto combustibile/comburente raggiunge i valori del range di infiammabilità. La fiamma di un camino è un esempio di fiamma diffusa in aria, esattamente come fu per il WTC.

Le fiamme diffuse generano l’intensità di calore più bassa delle tre tipologie.

Se il carburante e il comburente partono da una temperatura ambiente, la temperatura massima della fiamma può essere calcolata. Per carbone che brucia in ossigeno puro, il massimo è 3200°C; per l’idrogeno è 2750°C.  Allora, virtualmente per ogni idrocarburo, la massima temperatura della fiamma, partendo da una temperatura ambiente (20°C) e in ossigeno puro, è di circa 3000°C.

Questo valore massimo di temperatura va ridotto dei due terzi se invece dell’ossigeno puro, il comburente è costituito da aria. La ragione è nel fatto che ogni molecola di ossigeno rilascia il calore a seguito della formazione di una molecola di monossido di carbonio e di una molecola d’acqua. Se è usato ossigeno puro, questo calore serve solo a scaldare due molecole (CO e H2O), mentre con l’aria, queste due molecole devono essere scaldate insieme a quattro molecole di azoto. Allora, gli idrocarburi che bruciano in aria producono solo un terzo della temperatura riferita a una combustione in ossigeno puro. La temperatura massima raggiungibile per il carburante aereo che brucia in aria è, allora, di circa 1000°C – decisamente insufficienti per fondere l’acciaio (temperatura di fusione 1500°C).

Inoltre, è molto difficile raggiungere la temperatura massima con una fiamma diffusa. Non c’è niente, infatti, che assicura che il carburante e l’aria si siano combinati nel giusto rapporto. Normalmente, le fiamme diffuse sono ricche di combustibile, e quindi con un eccesso di molecole non bruciate e che devono essere riscaldate.  E’ noto che molti incendi diffusi sono ricchi di combustibile perché è sufficiente insufflare sulla fiamma per vedere aumentare la velocità di combustione. Questa fiamma diffusa carica di combustibile può raggiungere temperature di uno o due fattori al di sotto del valore massimo. In un incendio abitazione si verificano range di temperatura tra i 500°C e i 650°C. La presenza di intenso e copioso fumo nero dimostra che l’incendio del WTC fu generato da fiamme diffuse ricche di combustibile. La fuliggine (più in generale il fumo) è generato da combustibile non bruciato completamente.

Fattori quali il volume e la quantità di fuliggine, diminuiscono la capacita di generare calore per irraggiamento, pertanto portano la temperatura più vicina a un valore massimo di 1000°C. Comunque, è altamente improbabile che l’acciaio del WTC fosse testato per temperature inferiori a 750-800°C. Tutti i documenti riportano che l’acciaio presentava una temperatura di fusione oltre i 1500°C-.

Alcuni report, suggeriscono che l’alluminio presente nelle componenti dell’aereo abbia potuto prendere fuoco, creando temperature molto elevate. Effettivamente è possibile incendiare l’alluminio sotto certe condizioni, ma tali condizioni non si possono ottenere con una fiamma diffusa da combustione di idrocarburi. In aggiunta a questo, la fiamma sarebbe dovuta essere bianca. Non ci sono indizi dell’ignizione di alluminio, che sarebbero dovuti essere ben visibili attraverso un fumo così nero.

E’ noto che l’acciaio strutturale comincia a rammollire intorno ai 425°C e perde la metà della sua resistenza a 650°C. Ma la perdita del 50% della sua resistenza è ancora insufficiente, di per sé, a giustificare il collasso de WTC. Infatti, l’11 settembre fu un giorno senza vento, per cui gli elementi non erano sottoposti ad alcuna sollecitazione ulteriore che potesse portare a rottura gli elementi metallici. Anche con la sua resistenza dimezzata, un elemento in acciaio è in grado di sostenere fino a 2 o 3 volte le sollecitazioni imposte da un incendio di 650°C.

Il vero problema fu la deformazione dell’acciaio. La temperatura dell’incendio non era uniforme ovunque, e la temperatura delle colonne esterne era ovviamente più bassa rispetto alla parte interessata dall’incendio. La temperatura lungo i travetti di 18 m fu sicuramente non uniforme. Data l’espansione termica dell’acciaio, una differenza di temperatura di 150°C da un punto ad un altro può generare tensioni residue molto elevate. Questo provoca distorsioni negli elementi metallici più snelli, mandandoli in instabilità dell’equilibrio. In definitiva, il collasso dell’acciaio fu dovuto a due fattori: perdita di resistenza dovuta alla temperature dell’incendio, e la perdita di uniformità strutturale dovuta alle deformazioni dell’acciaio causate da una temperatura non uniforme degli elementi  metallici.

Il collasso

Quasi tutti i grandi edifici sono realizzati in maniera ridondante, affinché la perdita di un elemento resistente non provochi un collasso, ma gli elementi adiacenti siano pronti a sostituirne il ruolo. Quando, come nel caso del WTC, sono numerosi gli elementi mancanti, le sollecitazioni e i carichi sui rimanenti elementi possono essere molto elevati e provocare quindi un effetto domino.

Il sistema scatolare “a tubo” del WTC era altamente ridondante. Era sopravvissuto alla perdita di numerose colonne esterne dovuta all’impatto con gli aerei, ma l’incendio conseguente porto al collasso degli altri elementi in acciaio. Molti ingegneri strutturasti credono che il punto debole furono i giunti d’angolo che collegavano i piani ai travetti, e quindi il perimetro al nucleo centrale (figura 5).

Figure 5
Figura 5

Con un carico ammissibile di oltre 700 Pa, ogni piano avrebbe potuto assorbire un carico di  circa 1300 tonnellate oltre il proprio peso. Il peso totale di ogni torre era circa 500000 tonnellate.

Quando i travetti di uno o due piani più gravemente danneggiati dalla temperatura cominciavano a cedere, le colonne perimetrali furono ruotate verso l’interno, mentre i pavimenti collassavano l’uno sull’altro. Il piano inferiore a quello in fase di collasso, seppur integro, non poteva sostenere le 45000 tonnellate dei 10 piani superiori. E’ questo meccanismo che ha dato inizio all’effetto domino , che ha portato i due edifici a collassare in 10 secondi, toccando il fondo strada a una velocità i caduta di circa 200km/h. Qualcuno ha dichiarato che è stata una fortuna che le due torri non si siano ribaltate durante la caduta poiché avrebbero potuto danneggiare gli edifici intorno. Altri, invece, indicano proprio nella caduta perfettamente verticale l’evidenza di un collasso controllato con esplosivo.

Occorre fare delle puntualizzazioni in merito, senza voler esaurire il discorso. Innanzitutto, l’edificio non era un blocco solido, poiché costituito per il 95% del volume di aria, per cui una implosione verso l’interno è più che giustificabile. In secondo luogo, non vi erano carichi laterali tali da spostare la struttura in maniera significativa rispetto al suo baricentro alla base (né il vento, né l’impatto dell’aereo avrebbero potuto deformare tanto l’edificio). In terzo luogo, data la velocità del crollo, non fu possibile raggiungere ai frammenti adeguate velocità orizzontali, tali da determinare cadute aldilà del perimetro del WTC. Per riassumere: è difficile far cadere una struttura con un’inerzia da 500mila tonnellate in una direzione diversa da quella verticale.

Il WTC fu progettato male?

Il World Trade Center non fu progettato male. Nessun ingegnere poteva prevedere ciò che sarebbe successo. I grattacieli sono progettati per resistere a incendi di tre ore laddove il sistema sprinkler venisse meno. Questo dovrebbe essere il tempo necessario ad evacuare gli occupanti. Le torri del WTC durarono un ora, ma solo perché l’incendio generato da 430mila litri fu eccessivamente diffuso. Nessun incendio di ufficio raggiunge in pochi secondi i 4000 metri quadrati di superficie. Fu un incendio incredibilmente esteso e particolarmente rapido (in pochi secondi si passò dalla temperatura ambiente a diverse centinaia di gradi).

Conclusioni

Ripulire l’area del WTC richiese diversi mesi. Dopo tutto, asportare 1milione di tonnellate di macerie richiede circa 30000 camion carichi. La presenza di amianto ha danneggiato i lavoratori che operarono nei mesi successivi. Le 300mila tonnellate di acciaio furono riciclate, equivalenti alla produzione USA di acciaio in un solo giorno. Il volume di calcestruzzo era pari a 9 campi di calcio per 9 metri di profondità.

Come scienziati e ingegneri non dovremmo cedere a pensieri speculativi intorno a questa tragedia di portata storica. Ragionare in termini quantitativi aiuta a distinguere la finzione dalla realtà e consente di imparare da questo terribile disastro. Come disse Kelvin:

“Io dico spesso. . . che quando si può misurare e si può esprimere in numeri ciò di cui si sta parlando, allora si sa qualcosa su di esso; ma quando non lo si può misurare, quando non è possibile esprimerlo in numeri, la vostra conoscenza è di tipo insoddisfacente; può essere l’inizio della conoscenza, ma avete ancora ben poco nei pensieri, qualunque sia la questione”.

References

1. Presentation on WTC Collapse, Civil Engineering Department, MIT, Cambridge, MA (October 3, 2001).
2. D. Drysdale, An Introduction to Fire Dynamics (New York: Wiley Interscience, 1985), pp. 134–140.
3. A.E. Cote, ed., Fire Protection Handbook 17th Edition (Quincy, MA: National Fire Protection Association, 1992), pp. 10–67.
4. A.E. Cote, ed., Fire Protection Handbook 17th Edition (Quincy, MA: National Fire Protection Association, 1992), pp. 6-62 to 6-70.
5. Steven Ashley, “When the Twin Towers Fell,” Scientific American Online (October 9, 2001); www.sciam.com/explorations/2001/100901wtc/
6. Zdenek P. Bazant and Yong Zhou, “Why Did the World Trade Center Collapse?—Simple Analysis,” J. Engineering Mechanics ASCE(September 28, 2001), also www.tam.uiuc.edu/news/200109wtc/ 
7. Timothy Wilkinson, “World Trade Centre–New York—Some Engineering Aspects” (October 25, 2001), Univ. SydneyDepartment of Civil Engineeringwww.civil.usyd.edu.au/wtc.htm.
8. G. Charles Clifton, “Collapse of the World Trade Centers,” CAD Headlines, tenlinks.com (October 8, 2001); www.tenlinks.com/NEWS/special/wtc/clifton/p1.htm.