Dove si ferma la tecnologia
Dopo l’incendio del giugno 2002 che colpì le pendici del Montalbo di Lula (Nuoro), in cui perse la vita l’agricoltore Deledda mentre a bordo del suo trattore cercava di impedire alle fiamme di distruggere la sua azienda, ho ricevuto dall’amico Domenico Ruju, noto fotografo naturalista questa immagine – ne riporto una scannerizzazione che purtroppo fa perdere molti particolari – in cui viene evidenziata in tutta la sua forza, la debolezza della risposta “tecnologica” agli incendi boschivi.

Una piccola libellula, al confronto della dimensione delle fiamme, eppure quell’insetto che lancia acqua sul fuoco è il famoso Helitanker Sikorsky, non ricordo se avesse nome di battaglia “Hulk” o “Camilla”. Un gigante dell’aria, arrivato dall’Oregon in virtù di un accordo tra la Protezione Civile e la Regione sarda, per sperimentare nuove tecniche contundenti nell’attacco agli incendi. Io stesso ho avuto l’onore nel 1999 di volare per 120 ore a bordo della cabina di controllo per misurare tempi di lavoro ed efficacia. Da tutti un unanime riconoscimento di efficacia nelle operazioni, data la sua versatilità a rifornirsi di acqua in piccoli laghetti collinari e la capacità di operare dentro strette valli e canyon a stretto contatto con gli operatori a terra.
Eppure…..La crudezza della foto ci fa vedere che la corsa alla tecnologia non è la risposta, o non è la sola risposta possibile: l’estinzione delle fiamme deve essere fatta con i mezzi migliori e più sicuri per gli operatori a terra, ma è evidente che le fiamme hanno il loro decorso naturale, in presenza di combustibili vegetali e condizioni meteo e morfologiche favorevoli allo sviluppo e propagazione dell’incendio.Da tempo andiamo dicendo che possiamo agire solo su un elemento del triangolo del fuoco: non sulle forme della terra, non sulle condizioni meteo, ma solo sui vegetali, gestendoli con attenzione in modo che l’impatto delle fiamme probabili non si trasformi in una gigantesca esplosione incontrollabile.La prevenzione – parolina magica – deve trovare contenuti pratici e concreti: evitare incendi simili è possibile operando sulla struttura del bosco, riducendo la componente arbustiva a favore di alberi alti e ben distanziati in modo da non permettere l’incendio di chioma. In poche parole, gestione attiva, selvicoltura preventiva, il contrario dell’abbandono. Possiamo “lasciare fare alla natura” rendendo i boschi più resilienti e resistenti, con la possibilità di trarre un giusto reddito e soprattutto che nessun debba morire per salvare i propri beni.