Incendi boschivi: l’intervista a Luca Tonarelli.
In merito agli eventi delle ultime settimane, Antincendio Italia ha contattato il Dottore Forestale Luca Tonarelli, di Dream Italia, esperto di incendi boschivi. Da 10 anni lavora nel Centro di addestramento antincendi boschivi della Regione Toscana, unico centro in Italia dedicato a questo rischio, ed è uno dei coordinatori del gruppo per la gestione degli incendi boschivi della SISEF – Società Italiana di Selvicoltura ed Ecologia Forestale.
Buongiorno Dott. Tonarelli, cosa sta succedendo in Italia?
In molte zone d’Italia in questi giorni ci sono molti incendi boschivi. Niente di nuovo per un periodo così secco e caldo; ad un inverno aridissimo sta seguendo un’estate torrida. Certo il 2017 sarà ricordato come un anno terribile per gli incendi boschivi ma chi conosce il problema sa bene che anche in passato si sono riscontrate annate altrettanto eccezionali e drammatiche. Quello che non è a mio parere normale è la gestione di questo rischio. La tendenza è quella di trattarla come un’emergenza, di avere al cospetto degli incendi boschivi un approccio interventistico, di soffermarsi sullo spegnere l’evento in corso, senza trattare le cause. Questa è una risposta al problema, non una soluzione. Mi permetta di fare un paragone legato al campo medico: è come se ad un’epidemia la politica sanitaria rispondesse costruendo ospedali e posti letto. Sicuramente ce ne sarà bisogno ma se non si parte dalla sorgente del problema, cercando di sconfiggere l’epidemia con la prevenzione e la cura, il problema non si risolve, avremo bisogno sempre di più ospedali, spendendo molto. E nel futuro poi potremo mantenerci tutti quegli ospedali costruiti per far fronte all’epidemia? Ecco, nell’emergenza degli incendi boschivi gli ospedali, i letti, sono le risorse, cioè canadair, elicotteri, mezzi. Essi sono assolutamente necessari ma sono solamente una risposta reattiva al problema. Per combattere questo rischio, questa epidemia, c’è solo una soluzione e si chiama gestione dei boschi, gestione
del territorio. Anche perché i danni degli incendi non terminano con la loro stagionalità ma proseguono in termini di rischio idrogeologico.
Non è normale che, come spesso già accaduto in altre estati con caratteristiche simili, si torni a parlare di carenze strutturali, di leggi sbagliate, di carenze di organici, se non addirittura si torni a spiegare questi fenomeni come derivanti da speculazione edilizia o altro. Tutti gli anni le stesse polemiche e, finiti gli incendi, tutto tace mentre si dovrebbe da subito iniziare a lavorare per migliorare quanto è possibile per i prossimi anni.
Si ricordi che una risposta emotiva all’emergenza, soprattutto dopo fatti gravi e dolorosi, comporta sempre l’utilizzo delle risorse che abbiamo a disposizione in modo poco efficiente ed efficace. E questa risposta emotiva per molti anni in Italia, ha portato, come dopo i fatti del 2007, a spendere gran parte delle risorse destinate agli incendi, soprattutto in canadair, in elicotteri, in mezzi aerei in generale, perché questa è sempre la risposta più semplice da dare in fretta ai cittadini, con grande effetto mediatico, per “rassicurarli”. Oggi questo non è più sufficiente, alcuni incendi escono subito dalla capacità di estinzione dei mezzi che abbiamo a disposizione perché la lotta dal cielo è indispensabile ma ha i suoi limiti.
Per l’appunto, possiamo dire, come sostengono alcuni suoi colleghi, penso al Dottor Ascoli o al Dottor Delogu, che la prevenzione è la base di tutto e che gli incendi si spengono 20 anni prima?
Non possiamo dirlo, dobbiamo urlarlo. Il fenomeno degli incendi sta cambiando e bisogna cambiare il modo in cui li affrontiamo.
Il contesto socio-economico di questi anni ha comportato, comporta e comporterà diverse conseguenze. Spopolamento delle montagne, abbandono di aree rurali, antieconomicità degli interventi forestali: questo comporta l’aumento della superficie dei boschi, e il loro abbandono. Il territorio, sia pubblico che privato, non è più gestito, non c’è consapevolezza nella politica e nei cittadini di cosa comporta avere grandi continuità di aree boscate e di cosa comporta avere un bosco non gestito, con un sottobosco alto e denso che rende gli incendi subito inaffrontabili per le organizzazioni AIB.
C’è bisogno di una politica nazionale e regionale della gestione forestale, di selvicoltura preventiva, di uso di fuoco prescritto, tecnica che prevede un uso scientifico e pianificato del fuoco, da parte di personale esperto e formato, che ha, tra gli obiettivi, quello di togliere in inverno la “carta” dal bosco, ovvero quella parte più infiammabile, per renderlo più sicuro, e per permettere agli eventuali incendi estivi, di essere dentro la capacità di estinzione dell’organizzazione AIB.
Se vogliamo governare gli incendi nel breve periodo, bisogna agire quindi direttamente sulla causa, bisogna agire direttamente sulle foreste per renderle meno infiammabili, più resistenti e resilienti agli incendi e più sicure per chi ci abita.
Manca la consapevolezza di sapere cosa comporta non gestire i boschi e la cultura della prevenzione, in questo rischio come in altri. Per ogni euro speso nella prevenzione ne risparmiamo 8/10, talvolta molti di più, per spese di estinzione e ripristino danni. Il bosco è il futuro del paesaggio italiano sempre di più, visto il tasso di espansione annuo altissimo (30.000 ettari ogni anno nell’ultimo quindicennio) ed è assurdo non prepararsi e sperperare tutti servizi ambientali che esso fornisce.
Ci sono molte polemiche sulla chiusura del Corpo Forestale dello Stato e sul ruolo delle regioni e dei Vigili del fuoco.
Questo è un tasto molto delicato e meriterebbe un articolo a parte. Provo in poche parole ad esprimere le ricadute: il CFS è stato chiuso e il personale ridistribuito in maniera assolutamente non equa: delle poco più di 7000 unità circa 6400 sono confluiti nei carabinieri e solamente 360 unità sono passate ai Vigili del Fuoco. La 177/2017 ha attribuito le competenze dei VVF in termini di lotta attiva ai VVF che però sono poco preparati sulle dinamiche del fuoco nell’ambiente bosco e soprattutto non conoscono il territorio oltre ad essere numericamente carenti per far fronte a questo problema.
Un altro aspetto che deve essere ben precisato e che poche volte è stato affrontato in molti degli interventi di questi giorni riguarda il fatto che il personale del Corpo Forestale dello Stato, salvo alcune limitate situazioni, negli ultimi anni non effettuava alcuna attività di spegnimento ma, in molte regioni, svolgeva due importantissime funzioni:
- gestiva direttamente le Sale Operative Regionali o era presente in esse con tecnici esperti che conoscevano alla perfezione il territorio boscato e l’organizzazione regionale.
- svolgeva il ruolo di Direttore delle Operazioni di Spegnimento (DOS) dirigendo e/o coordinando tutte le varie componenti che partecipano all’estinzione (operai forestali, volontari, Vigili del Fuoco e mezzi aerei sia regionali che nazionali).
Non avere più la disponibilità di tanti DOS esperti ex CFS ha creato in molte Regioni notevoli problemi organizzativi e probabilmente ciò ha comportato alcuni ritardi e difficoltà in questa estate particolarmente difficile. Alcune Regioni, come la Toscana, avevano già iniziato da diversi anni a formare proprio personale o degli enti locali per svolgere tali funzioni. L’esperienza che tale personale ha acquisito in vari anni ha consentito di dotarsi di una organizzazione regionale ben strutturata ed in grado di far fronte alle emergenze anche senza il contributo, seppur importante, del personale del Corpo Forestale dello Stato.
Tornando alla soppressione del CFS ritengo necessario ribadire l’urgenza non più procrastinabile di avere subito la Direzione generale delle Foreste presso il Ministero Politiche Agricole e Forestali, unica sede possibile di coordinamento nazionale e visione complessiva della tematica forestale, inderogabile e urgentissima anche per mettere il patrimonio in valore e in sicurezza insieme!
Lei lavora nell’unico centro di formazione antincendi boschivi che è presente in Italia. Perché è l’unico e perché in Regione Toscana ?
Si, lavoro con grande passione e con un gruppo di dottori forestali tecnici esperti negli incendi boschivi, nel Centro di addestramento AIB della Regione Toscana, purtroppo unico in Italia. Questo centro è in una rete di centri analoghi della comunità europea, alcuni nazionali (Francia e Portogallo), altri regionali (Andalusia, Cataluna, Castilla Y Leon). La Regione Toscana dal 1991 si impegna ed investe moltissimo nella propria organizzazione AIB, ed ha creato, da quando varie leggi nazionali, ultima la 353/00, le hanno affidato la competenza degli incendi boschivi, una organizzazione che viene considerata un esempio sul panorama nazionale. E’ fra le poche regioni che ha sotto il settore della Forestazione tutta la gestione del rischio, previsione, prevenzione, gestione della lotta attiva e ripristino delle aree bruciate. Questo credo sia il successo oltre al fatto di aver investito sulle persone con formazione, e affidamento di ruoli e compiti importanti. Come detto in precedenza i DO AIB (direttori delle operazioni antincendi boschivi) sono tecnici degli enti competenti per la forestazione sul territorio. Alcuni di questi progettano e realizzano le opere di prevenzione che poi usano consapevolmente per la lotta attiva nella direzione degli incendi boschivi.
Si deve ricordare poi che il braccio operativo dell’antincendio boschivo in Toscana sono gli operai forestali, indispensabili ma purtroppo ormai numericamente scarsi (450 in tutta la Regione) ed il volontariato (4200 unità) formato da persone appassionate e competenti. Anche queste due componenti vengono formate nel Centro di addestramento regionale e la loro preparazione non si basa solo sulla normativa relativa alla sicurezza sui luoghi di lavoro ma è volta al miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia dell’organizzazione regionale. I risultati di tutto questo impegno sono ben visibili anche solo analizzando i dati statistici e le superfici medie delle aree percorse dal fuoco.
Sul fatto che Centri similari non siano stati realizzati anche in altre regioni, almeno in quelle più interessate dagli incendi, non mi esprimo. Certo è che devo sottolineare quanto la Regione Toscana sia stata ed è all’avanguardia in questo settore e quanto lungimiranti siano stati i politici che hanno preso certe decisioni e quanto sensibili e determinati siano gli attuali Amministratori che, seppur con le ristrettezze economiche di questi tempi, hanno mantenuto e potenziato tale struttura.
Quali buone pratiche di Regione Toscana si sentirebbe di consigliare alle altre regioni ?
Innanzitutto devo dire che ci sono altre regioni che si sono organizzate molto bene, hanno formato e si avvalgono del loro personale tecnico, del loro volontariato, hanno convenzioni ben collaudate. Ci sono buonissime pratiche molto apprezzate in molte regioni con le quali collaboriamo e niente hanno da invidiare a Regione Toscana. Mi vengono in mente le squadre GAUF della Regione Sardegna, il Corpo del Volontariato AIB della Regione Piemonte, i DOS tecnici degli enti della regione Lombardia, l’organizzazione della Regione Veneto, le squadre che fanno fuoco prescritto in Regione Campania e sicuramente ne sto dimenticando molte altre. Conosco bene, per motivi lavorative, le organizzazioni AIB di molte altre regioni ma non è mio compito consigliare pratiche perché ognuno ha le sue dinamiche e i suoi problemi. Ho lavorato, con i colleghi di D.R.E.Am-Italia, nel campo AIB, formazione, pianificazione dei boschi, prevenzione, redazioni di piani operativi regionali AIB, in 14 regioni italiane.
Da esperienze dirette posso solo elencare alcuni punti che dovrebbero essere oggetto di attenzione da parte delle Regioni che come sappiamo hanno diretta competenza per gli incendi boschivi:
- Formare propri tecnici forestali esperti nella gestione delle aree boscate e nello spegnimento degli incendi con funzione di DOS.
- Creare un contingente di operai forestali assunti a tempo indeterminato e non per i soli periodi estivi e formati nelle attività di spegnimento con corsi di livello elevato. Questo personale deve conoscere il territorio, i boschi, le infrastrutture presenti e capire il comportamento nel fuoco in relazione alle tipologie dei vari soprasuoli, del territorio, delle condizioni meteo.
- Avere una capillare rete di associazioni di volontariato con soci motivati e determinati nonché preparati e addestrati per affrontare i pericolosi compiti connessi allo spegnimento. I volontari devono essere strettamente integrati con tutte le altre componenti dell’organizzazione AIB e sempre guidati e coordinati dall’Amministrazione regionale. Alle Associazioni devono essere riconosciuti contributi finanziari necessari per il funzionamento e per l’acquisto di mezzi ed attrezzature idonei. Non deve mai essere previsto un rimborso ai singoli soci.
- Le suddette strutture devono addestrarsi assieme, con linguaggio comune nel rispetto delle procedure operative regionali, essere motivate e sempre deve essere riconosciuto il loro impegno e la loro professionalità.
- Le Regioni devono tenere assolutamente necessari rapporti con il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e con i Carabinieri-Forestali ciascuno per le proprie competenze. Con i Vigili del Fuoco l’integrazione deve essere continua e molto stretta anche al fine di far conoscere l’organizzazione regionale e favorire una stretta integrazione, visti le frequenti aree o fasce di interfaccia che si determinano negli incendi boschivi. A tal proposito vorrei fare una precisazione in merito alle convenzioni fra gli stessi Vigili e le Regioni più volte ricordate nei tanti interventi apparsi sui media ultimamente. Senza niente togliere alla capacità, all’impegno ed alla professionalità del personale del Corpo Nazionale ritengo anacronistico che le suddette convenzioni siano basate su contributi finanziari talvolta eccessivi. Le regioni, nelle convenzione che stipulano per il concorso in AIB, devono riconoscere ai Vigili del Fuoco, centinaia di migliaia di euro se non milioni, a seconda dei servizi svolti.. Forse, prima di accusare le Regioni di inadempienze per questi aspetti si dovrebbero meglio conoscere i contenuti della questione.
- Le Regioni devono senza dubbio dotarsi di una propria flotta regionale di elicotteri, naturalmente proporzionata al proprio territorio ed al rischio effettivo. La loro gestione deve essere molto attenta e ben programmata; volta soprattutto ad un rapidissimo intervento con semplici procedure. Questi mezzi infatti sono utilissimi per i primi interventi su piccoli incendi che non hanno assunto proporzioni importanti come superficie e potenza del fuoco. I piloti ed i DOS devono poi prontamente valutare la necessità di ulteriori concorsi aerei e terrestri. Anche sui grandi incendi il contributo dei mezzi aerei regionali risulta importante ma talvolta ne servono in numero consistente e sono costretti ad un lavoro molto prolungato. Inoltre, come succede da molti anni i contratti con le ditte private devono prevedere durata pluriennale ed un numero di ore prefissate; nessuno deve guadagnare dal verificarsi di un numero eccessivo di incendi boschivi in periodi come quello che si sta verificando quest’anno.
- L’aspetto della tempestività dell’intervento e della concentrazione delle forze nella prima fase, devono sempre essere alla base di qualsiasi organizzazione antincendi. Per questo è necessario che le Sale Operative possano operare con procedure precise ma nello stesso tempo semplici che prevedano decisioni rapide e personale altamente qualificato che conosca benissimo il territorio e l’organizzazione che deve dirigere. La presenza capillare sul territorio di personale addetto allo spegnimento e il loro tempestivo intervento è poi determinante.
- Avere nuclei specializzati di squadre di addetti all’uso del fuoco, controfuoco e fuoco tattico, sempre molto utili, soprattutto in casi di incendi grandi, fuori dalla capacità di estinzione dei mezzi aerei, o per operare di notte o in assenza di risorse per la contemporaneità di eventi.
Dott. Tonarelli ha elencato tanti consigli utili per buone politiche ai fini antincendio. Nella speranza che possano essere accolte ha altro da aggiungere?
Ci sono molti altri aspetti da prendere in considerazione dalla redazione di veri e propri Piani antincendio con precise Procedure Operative, ad esempio l’uso dei parametri meteorologici per la definizione degli indici di rischio che devono essere utilizzati per meglio organizzare il controllo del territorio. Per non parlare poi delle politiche forestali volte alla diminuzione del rischio di incendi e gli interventi specifici almeno nei punti di maggiore criticità che devono essere valutati con attenti studi preventivi. Tutto ciò ed altro ancora potrà essere oggetto di altri interventi che spero potremo fare non appena terminata questa particolare estate. Vorrei solo aggiungere che la Società Italiana di Selvicoltura e Ecologia Forestale, di cui faccio parte, lavora per mettere “in rete” i ricercatori italiani in materia di foreste, incendi e ambiente e comunicare i risultati delle ricerche e le buone pratiche ai professionisti e ai tecnici del settore e ad Istituzioni ed Amministrazioni per supportare le politiche e gli investimenti. Tutti noi siamo a completa disposizione di Regioni ed altri Enti per fornire tutto il supporto necessario per attuare le migliori pratiche selvicolturali ai fini antincendio e per consigliare le iniziative al fine di migliorare le organizzazioni.