Tecniche e metodi

Liquidi schiumogeni: evoluzione e quadro normativo.

di Elena Lamperti

Nell’ultimo decennio abbiamo assistito ad un notevole progresso nel settore degli schiumogeni antincendio. Dal momento in cui, nel 2000, la multinazionale 3M fu costretta a cessare la produzione di tensioattivi fluorurati e AFFF a causa del divieto di utilizzo dei derivati del PFOS (perfluorottanilsulfonati) – o prodotti che si decompongano in tale sostanza – si è visto uno sviluppo molto attivo da parte dei fabbricanti di tensioattivi fluorurati e schiumogeni antincendio. Sia l’obbligo di eliminazione dei PFOS emanato da una direttiva europea, come la diminuzione di materie prime fluorurate a catena lunga (passaggio da 8 a 6 atomi di carbonio), sia il regolamento sull’uso di composti organici alogenati in alcuni paesi, hanno fatto dell’industria degli schiumogeni antincendio un settore molto dinamico, con molte nuove leggi e nuovi prodotti di maggiore efficacia e minore impatto ambientale.

Gli schiumogeni senza fluorurati – i cosiddetti “fluorine free F3” – hanno acquisito grande importanza negli ultimi tempi, in alcuni casi anche come sostitutivi degli agenti AFFF, scelta che ancora comporta grande polemica e discussione in tutti i forum internazionali.

Oltre alle nuove formulazioni e tipi di schiumogeni sono state sviluppate – o modificate – nuove normative di omologazione, cercando di ricreare condizioni di prova il più rappresentative possibile dei rischi reali. Esempi di questo sono la grande accettazione del protocollo di test “LASTFIRE” come requisito indispensabile nel settore petrolifero e della raffinazione, o i cambiamenti dello standard “ICAO” per gli aeroporti. Anche il nostro standard europeo EN-1568 è stato rivisto nel 2008 con l’introduzione di nuovi tipi di combustibile più severi rispetto alla versione 2001.

I nuovi carburanti, come l’etanolo o le benzine addittivate con prodotti polari come etanolo, MTBE, TBA, ecc. che modificano un idrocarburo in una miscela di idrocarburi e liquidi polari, hanno acquisito sempre più importanza nei tempi recenti ed è quindi fondamentale conoscere il loro comportamento nei confronti delle schiume.

L’uso del CAF (impianti schiuma ad aria compressa) e l’utilizzo di sistemi elettronici di dosaggio sono stati ulteriori importanti progressi tecnologici nel settore, con attrezzature più efficienti che consentono un controllo preciso dei prodotti da dosare, anche a concentrazioni molto basse (0,1 – 1%).

Questo documento intende tracciare una breve rassegna delle modifiche apportate al settore degli schiumogeni antincendio nell’ultimo decennio, soprattutto per quanto riguarda:

  1. Le regole delle prove
  2. Le normative ambientali
  3. I carburanti
  4. Gli schiumogeni
  5. Gli impianti

I parametri di prova

Fino all’unificazione dei criteri attraverso la normativa europea EN-1568 nel 2001, ogni paese ha utilizzato il proprio standard per l’approvazione e la valutazione degli schiumogeni, creando così una sfida importante per confrontare la qualità dei prodotti immessi sul mercato dai vari produttori di paesi diversi. Dal 2001, lo standard di riferimento in Europa per la qualificazione e omologazione delle schiume è la normativa EN- 1568, che consiste di 4 parti:

EN 1568-1 Specifiche per liquidi schiumogeni a media espansione per applicazione superficiale su liquidi immiscibili con acqua (idrocarburi)

EN 1568-2 Specifiche per liquidi schiumogeni ad alta espansione per applicazione superficiale su liquidi immiscibili con acqua (idrocarburi)

EN 1568-3 Specifiche per liquidi schiumogeni a bassa espansione per applicazione superficiale su liquidi immiscibili con acqua (idrocarburi)

EN 1568-4 Specifiche per liquidi schiumogeni a bassa espansione per applicazione superficiale su liquidi miscibili con acqua (solventi polari).

Nel 2008 una nuova versione sostituisce la prima edizione del 2001. I cambiamenti più significativi tra le due versioni sono:

  1. la definizione del materiale per la vasca (acciaio inox)
  2. il chiarimento dei requisiti che un prodotto deve avere per essere classificato “IA” nella parte 3;
  3. l’introduzione di un nuovo combustibile nella parte 4 (test su alcol isopropilico oltre ad acetone).

Ad oggi, tutti i produttori dovrebbero già avere i loro prodotti adattati e ri-certificati secondo la nuova versione della normativa.

La normativa, nella parti 1 e 2, non stabilisce una classificazione per i prodotti, ma solo la conformità o meno di uno schiumogeno alla stessa. Al contrario, le parti 3 e 4 stabiliscono una classificazione dei prodotti secondo il loro comportamento in un incendio, sia in termini di estinzione che riaccensione. Per questo motivo e per questi tipi di schiumogeno non è sufficiente dichiarare che il prodotto è conforme alla normativa ma dovrebbe SEMPRE essere dichiarata la classificazione ottenuta in fase di omologazione.

Di seguito riassumiamo le possibili classificazioni secondo la normativa:

EN-1568-3:2008

  • I: capacità di estinzione a getto diretto su idrocarburi;
  • II: capacità di estinzione a getto diretto su idrocarburi rallentando l’applicazione della schiuma

    (estinzione lenta)

  • III: capacità di estinzione degli idrocarburi solo in modo indiretto.

     

    Una volta completata l’estinzione, si effettua una prova di riaccensione, che misura la capacità di resistenza della schiuma. Ci sono 4 classificazioni possibili (A, B, C e D), laddove (A) rappresenta la massima resistenza alla riaccensione e (D) la minima. Ne consegue che possono essere dichiarati “conformi alla EN- 1568:2008 sia un prodotto di altissima qualità (IA) che di qualità minima (IIID), che avranno ovviamente anche un costo molto diverso tra loro.

EN-1568-3:2008: applicazione a getto diretto su eptano
EN-1568-3:2008: applicazione a getto indiretto su eptano

 

EN-1568-4:2008
In questo caso, dal momento questo paragrafo riguarda l’estinzione di solventi polari, si possono ottenere solo due classificazioni:

  • I: se l’estinzione avviene in meno di 3 minuti;
  • II: se l’estinzione avviene in più di 3 minuti.

    Anche in questo caso sarà la prova di riaccensione a determinare la classificazione finale (A, B, C e D), dove nuovamente (A) rappresenta la massima resistenza alla riaccensione e (D) la minima.

La nuova versione del 2008 ha aggiunto alle prove con acetone una nuova prova su alcool isopropilico (IPA). Alcune schiume che hanno un buon comportamento sull’acetone sono invece molto deboli su altri liquidi polari quali l’IPA. Per questo motivo si è deciso di mantenere nella normativa entrambi i carburanti per avere una gamma più realistica del comportamento della schiuma sui solventi polari. È da notare che le classificazioni finali possono differire in base al carburante, cioè si potrà avere uno schiumogeno classificato IA su acetone e IIB su IPA.

Gli utilizzatori che desiderino comprare prodotti di qualità, in grado di affrontare qualsiasi rischio di incendio con la garanzia di un risultato efficace, dovrebbero SEMPRE richiedere prodotti con classificazione IA o IB secondo le norme EN-1568-3 / 4:2008. In ogni caso, è FONDAMENTALE RICHIEDERE SEMPRE AL FORNITORE DI DICHIARARE LA CLASSIFICAZIONE PER IL PRODOTTO OFFERTO e non una semplice conferma dell’esistenza dell’omologazione secondo la normativa.

EN-1568-4:2008. Prova su acetone

Fino alla comparsa della normativa EN 13565-2 nel maggio 2009 (Sistemi fissi di lotta contro l’incendio – Sistemi a schiuma – Parte 2: Progettazione, costruzione e manutenzione), le diverse classificazioni secondo i paragrafi della normativa EN-1568 non avevano un riflesso pratico sulla progettazione degli impianti antincendio. La norma citata, in base alla classificazione standard delle prove con la 1568 e quindi in base alla qualità della schiuma, fissava le portate e i tempi di applicazione che dovevano essere utilizzati, “premiando” come più efficaci i prodotti utilizzati con la minore applicazione specifica. La norma considerava anche il tipo di sistema da utilizzare (camere a schiuma, monitor, lance manuali, ecc.) per la progettazione delle condizioni operative.

Nel caso dell’industria petrolifera, il maggior rischio di incendio proviene dai grandi serbatoi per lo stoccaggio di idrocarburi, in cui vengono conservati ingenti quantitativi di liquidi infiammabili. Il nuovo protocollo di test “LASTFIRE” simula le difficili ed estreme condizioni derivanti da un incendio in un serbatoio di stoccaggio, quali la lunga pre-combustione, lo spessore delle pareti e le altissime temperature raggiunte, ecc., nonché i diversi tipi di applicazione che possono essere utilizzati per l’estinzione, tra cui monitor aspirati o meno e l’utilizzazione di impianti fissi.

Il protocollo LASTFIRE fissa 3 prove:

  1. semiaspirato: simula l’applicazione con monitor schiuma di tipo non aspirato;
  2. aspirato: simula l’applicazione con monitor schiuma di tipo aspirato;
  3. impianto fisso: simula l’applicazione con camere schiuma fisse (versamento).

Secondo questo protocollo e per ciascuna delle prove le schiume ottengono punteggi diversi secondo i tempi di controllo, estinzione, controllo dei vapori e la resistenza alla riaccensione. Secondo il punteggio finale ottenuto, i prodotti sono classificati come “INSUFFICIENTE-RIDOTTO-SUFFICIENTE-BUONO”. Il requisito tipico dell’industria petrolifera e petrolchimica per le schiume è l’adempimento del protocollo LASTFIRE con la classificazione di “accettabile” o “buono” nelle tre diverse applicazioni.

Se il sistema di protezione antincendio utilizza acqua di mare, si deve considerare il comportamento del prodotto quando viene utilizzato con questo tipo di acqua.

LASTFIRE – Sistema semiaspirato – Aspirato – Versamento

Anche nel settore aeroporti, attraverso l’organizzazione dell’Aviazione Civile (ICAO), si sta lavorando attivamente per aggiornare le procedure di prova: queste modifiche sembra saranno approvate nel corso dell’anno 2013. Finora, due erano i livelli di qualità delle diverse schiume (livello A e livello B). Ogni aeroporto, a seconda della categoria e mezzi di intervento disponibili, devono utilizzare un tipo o l’altro. Dato che il numero degli aerei aumenta, così come cambia la loro tipologia e quindi anche il rischio, si è creato un nuovo livello “C” per le schiume, così che con gli stessi mezzi di estinzione si potranno estinguere maggiori superfici incendiate.

Oltre all’introduzione di un nuovo livello “C”, il metodo di prova sarà leggermente modificato, non permettendo più il movimento della lancia durante il test, che comporta una difficoltà supplementare all’estinzione. Lo standard sarà invece più permissivo in termini di tempo di estinzione totale.

Le normative ambientali

Uno schiumogeno concentrato è una miscela di diverse materie prime quali solventi, sali, anticorrosivi e soprattutto tensioattivi. I tensioattivi possono essere a catena di idrocarburi, principalmente responsabili della capacità di produrre una schiuma stabile oppure tensioattivi fluorurati, dove parte della catena di atomi di idrogeno vengono sostituiti da atomi di fluoro. Questi ultimi sono il componente chiave negli agenti estinguenti AFFF, che conferiscono alla schiuma idrorepellenza e resistenza agli idrocarburi, così come la capacità di formare un film acquoso di pochi micron sulla superficie dell’idrocarburo.

I tensioattivi fluorurati possono essere prodotti da due processi, elettrofluorinazione o telomerizzazione. Il primo, ora in disuso, generava prodotti a base di PFOS (perfluoroctanilsulfonato), il cui uso, secondo la Direttiva 2006/122/CE, è limitato in Europa a proporzioni inferiori a 0,005% in peso del prodotto finito. Per quanto riguarda i tensioattivi fluorurati prodotti dal processo di telomerizzazione non esiste alcun tipo di regolamento specifico e questi vengono utilizzati come materie prime per gli agenti AFFF. Pertanto è fondamentale chiarire che non tutti i prodotti AFFF sono vietati ma solo quelli prodotti con un certo tipo di tensioattivo fluorurato.

Un altro derivato del fluoro, sottoposto ultimamente a speciali controlli dalle autorità ambientali, è il PFOA (acido perfluorottanoico). Sebbene il PFOA non sia vietato, né sia una materia che venga utilizzata direttamente nella produzione di schiumogeni, esistono rischi che il degrado di alcuni prodotti fluorurati portino a questo acido. Il programma volontario di EPA “2010 / 2015 PFOA Stewardship Program”, a cui hanno aderito volontariamente i principali produttori di tensioattivi fluorurati, mira alla riduzione totale dei tensioattivi a catena lunga di 8 o più atomi di carbonio (i cosiddetti C8) entro il 2015, per passare principalmente a catene di 6 atomi di carbonio (C6). In questo modo si assicura che non avvenga alcuna degradazione dei componenti in PFOA, poiché questo è un prodotto con una catena organica di 8 atomi di carbonio.

Oltre a questi divieti o regolamenti a livello internazionale, alcuni paesi stanno limitando l’uso di qualsiasi componente organico alogenato nelle acque che vengono scaricate nell’ambiente, costringendo molti clienti a trovare soluzioni alternative agli agenti AFFF, principalmente sostituiti con schiumogeni senza fluorurati (fluorine free F3), in molti casi con una notevole riduzione dell’efficienza e sicurezza.

I carburanti

C’è una crescente quantità di additivi polari che vengono oggi utilizzati nella produzione di benzina. Gli idrocarburi possono essere spenti con certe schiume con applicazione diretta, ma i solventi polari distruggono la schiuma se viene applicata direttamente sul carburante. La miscela di idrocarburi e liquidi polari è una questione che deve essere seriamente presa in considerazione dagli utilizzatori poiché le tecniche di applicazione della schiuma possono essere diverse a seconda del tipo e qualità della schiuma stessa.

Nei tempi recenti l’etanolo ha registrato una crescita della domanda molto importante, sia per uso diretto o come additivo per la benzina. Sono sempre più grandi i serbatoi di stoccaggio di questo combustibile, che al momento della progettazione dell’impianto antincendio deve essere trattato come un liquido polare. Il grosso problema che esiste con l’aumento delle dimensioni dei serbatoi, è nel caso malaugurato di dover affrontare un incendio con sistemi portatili (monitor) a causa di un guasto – o frequente esplosione – dell’impianto fisso, poiché l’applicazione diretta sul combustibile non è possibile.

Il Gas Naturale Liquefatto (LNG) è un altro combustibile che ha guadagnato in importanza negli ultimi anni, con grandi quantità trasportate via mare in tutto il mondo. Ad oggi, la protezione dei serbatoi di LNG viene fatta con sistemi di schiuma ad alta espansione, anche se recenti prove hanno dimostrato che sistemi ai bassa espansione possono essere molto efficaci con schiume di elevata prestazione.

Gli schiumogeni

A causa dei molteplici cambiamenti sia dei regolamenti come delle materie prime e dei combustibili, i produttori di liquidi schiumogeni hanno sviluppato o modificato i loro prodotti per soddisfare sia legalmente che funzionalmente le nuove esigenze di mercato.

Da un lato i nuovi agenti AFFF, i cui tensioattivi fluorurati sono principalmente C6 e, dall’altra i nuovi prodotti noti come “senza fluorurati” o “fluorine free F3”, rappresentano le innovazioni e le principali linee di sviluppo alle quali stanno ancora lavorando i diversi produttori. Lo sviluppo di prodotti sempre più concentrati stanno influenzando la tendenza di mercato, per cui oggi nel settore petrolifero e petrolchimico sono sempre più presenti schiumogeni concentrati all’1%, lontani dai tradizionali 6%. Esistono oggi sul mercato schiumogeni AFFF e AR-AFFF con concentrazione di utilizzo fino allo 0,5%. I vantaggi logistici di questo tipo di prodotto nel caso di importante domanda di prodotto sono evidenti rispetto ai tradizionali 3% e 6%.

Un’altra tendenza di mercato è il notevole aumento della domanda di schiumogeni a base sintetica (AFFF e AR-AFFF) rispetto i prodotti tradizionali proteinici (FP, FFFP e FFFP-AR). La migliore capacità di estinzione, la migliore resistenza alla riaccensione, il ridotto impatto ambientale unite ad una vita media praticamente illimitata e senza degrado nel tempo, sono i motivi principali per questa tendenza.

Gli schiumogeni “senza fluorurati” o “fluorine free F3” hanno visto aumentare la loro popolarità a causa delle restrizioni ambientali in alcuni paesi. Gli schiumogeni “senza fluorurati” esistono comunque da molti anni sul mercato (pensiamo al vecchio schiumogeno proteinico, i prodotti multi-espansione, gli schiumogeni di classe A, i ritardanti forestali, ecc.), anche se nell’ultimo decennio sono stati sviluppati alcuni prodotti sintetici senza fluorurati per l’estinzione degli incendi di classe B, intesi come sostituti degli agenti AFFF, ma con minore impatto ambientale. Fino alla comparsa di questa nuova generazione di prodotti senza fluoro, l’applicazione di schiuma direttamente sugli idrocarburi era efficace soltanto utilizzando AFFF. Alcuni dei nuovi schiumogeni “senza fluorurati” sono in grado di essere utilizzati anche direttamente su idrocarburi, anche se la loro efficacia e comportamento è molto lontano dagli AFFF, soprattutto quando vengono utilizzate lance non aspirate.

Mentre c’è stato un sicuro progresso nello sviluppo di questi prodotti, tali schiumogeni hanno ancora alcune serie limitazioni e i tradizionali AFFF o FFFP non do- vrebbero essere sostituiti direttamente senza una corretta e completa valutazione. Quindi, come prima cosa, è necessario verificare se i prodotti proposti han- no le stesse certificazioni e classificazioni rispetto

al prodotto tradizionale attualmente utilizzato.
E’ essenziale effettuare prove comparative con en- trambi i prodotti, valutare l’efficacia di entrambi in condi- zioni reali di utilizzo, con i mezzi disponibili a seconda del caso (sistemi di dosaggio, lance, ecc.), evitando assolutamente una semplice comparazione “amministrativa” e valutazione della scheda tecnica.

Gli Impianti

I tradizionali sistemi di dosaggio sono basati su principi meccanici, progettati per condizioni fisse di lavoro (flusso, pressione, ecc.); è il caso di induzione tipo venturi, serbatoi a membrana, sistemi intorno alla pompa, ecc. Oltre alla loro bassa flessibilità in termini di volumi e proporzioni dello schiumogeno da utilizzare, questi sistemi sono poco precisi nel dosaggio, motivo per cui non vengono consigliati per l’utilizzo con schiumogeni ad alta concentrazione (meno dell’1%), in cui piccoli errori di miscelazione possono rappresentare una percentuale di errore importante, con le inevitabili ricadute sull’efficacia estinguente, l’autonomia e l’impatto economico.

Mentre gli schiumogeni concentrati (0,1% – 1%) sono stati tradizionalmente usati solo per gli incendi di classe A (solidi), i nuovi sviluppi permettono di disporre di AFFF e AFFF-AR con concentrazione fino allo 0,5%. Per poter utilizzare questi prodotti con sicurezza, è raccomandabile l’utilizzo di sistemi di dosaggio controllati elettronicamente. In questi sistemi, un flussometro viene installato sulla linea dell’acqua e questa informazione viene inviata ad un’unità di controllo che verifica l’iniezione dello schiumogeno, adattando così in maniera precisa la quantità di concentrato necessario per la quantità di acqua. Questi sistemi sono molto comuni nei veicoli dei Vigili del Fuoco, ma possono essere utilizzati anche nei veicoli forestali, negli impianti fissi, ecc.

Un altro passo importante nel settore è rappresentato dallo sviluppo e implementazione dei “CAF” (impianti schiuma ad aria compressa) basato sull’introduzione di aria compressa nella soluzione schiumogena (acqua + concentrato), che genera schiume con bolle molto piccole ed uniformi con una grande aderenza e grande capacità di raffreddamento. Poiché la schiuma è formata dall’iniezione di aria compressa, non è necessaria alcuna restrizione per l’aspirazione di aria in lancia, che si traduce con una grande qualità della schiuma. Migliori tempi di drenaggio, estinzione più veloce, tempi di riaccensione molto più lunghi, inferiore consumo di acqua… sono solo alcuni dei vantaggi dei sistemi CAF.

Sistema di dosaggio elettronico
Sistema CAF