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Monossido di Carbonio: dall’esperienza utili indicazioni.

Da sempre l’uomo convive con prodotti chimici potenzialmente tossici. Nel corso dell’ultimo secolo, il numero dei composti chimici prodotti e diffusi nell’ambiente si è vertiginosamente moltiplicato, tanto da richiedere un attento monitoraggio.

Quelli che da un maggior numero di anni vengono tenuti sotto controllo in Italia sono: le polveri totali sospese (PTS), il biossido di zolfo, il biossido di azoto, il monossido di carbonio, il benzene e l’ozono.

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Due enti federali americani l’EPA (Environmental Protection Agency) e il FDA (Food and Drug Administration) hanno calcolato che mediamente l’uomo, nel corso della sua vita, è esposto a 63.000 composti di sintesi diversi, dei quali alcuni, caratterizzati da una tossicità acuta o cronica provata almeno in laboratorio.

Tra questi, l’ossido di carbonio, noto più comunemente come monossido di Carbonio (CO), è il contaminante, (anidride carbonica CO2 esclusa) emesso in quantità maggiore dalla globalità delle sorgenti inquinanti.

Il monossido di carbonio è l’inquinante più abbondante degli strati più bassi dell’atmosfera e la sua inalazione fa registrare ogni anno un gran numero di decessi accidentali o a scopo suicida. Ogni anno le intossicazioni da monossido di carbonio sono responsabili di numerose ospedalizzazioni e decessi.

Il presente articolo nasce da un episodio verificatosi a Torino. Una donna di 89 anni è morta in casa intossicata dal monossido. Cinque vigili del fuoco che hanno tentato di prestarle i primi soccorsi  sono rimasti intossicati a causa del monossido esalato da una caldaia. 

E’ evidente che qualcosa non è andato per il verso giusto. Si potrebbe stilare il solito elenco di mancanze: fretta, assenza di D.P.I., improvvisazione, distrazione, imprudenza, negligenza.

Il presente articolo, però, non vuole entrare nel merito dell’intervento, ma prenderà spunto dall’episodio per trarre alcune utili indicazioni.

Il caso di Torino, nella fattispecie, ha un risvolto particolarmente eclatante: l’apparente totale assenza di POS e mentalità operativa. Un episodio del genere, difficilmente potrebbe verificarsi se ogni realtà operativa – vvf e 118 – rispettasse POS che prevedono obbligatoriamente l’uso di adeguata strumentazione di rilevazione gas in caso di soccorso a persona – anche se capita di scontrarsi con operatori che giudicano la misura eccessiva e non necessaria e “allarmante” per la gente attorno.

A fare notizia, poi, è che un’intera squadra sia stata coinvolta, e in pieno inverno, quando un soccorso persona fa sempre, o meglio, deve far sempre dubitare della presenza di Monossido.

Ciò che se ne deduce è che è necessaria una valutazione e una pianificazione dell’intervento, a partire dalle informazioni giunte alla sala operativa, dai civili presenti sul posto, dalla storia dell’edificio o delle persone coinvolte.

Il solo scopo del diffondere articoli come questo è promuovere una discussione tra gli operatori del settore al fine di chiedersi “cosa faremo in più da domani nei nostri interventi?”. Ragionare e migliorare.

Se si ha il sospetto di un pericolo allora si prendono le contromisure. Nella fattispecie dell’episodio considerato:

  • rilevatori di CO o esplosimetro al seguito;
  • aerazione degli ambienti;
  • verifica dell’impiantistica dell’edificio.

Dunque si ritorna al discorso di ANALISI e VALUTAZIONE. Interventi come il soccorso a persona, diventano più complessi a causa dell’aumento di tecnologia nelle abitazioni – dal rischio di elettrocuzione con elettrodomestici a quello dell’intossicazione con stufe, caldaie, cucine – e spesso interventi dalla procedura semplice e ordinaria, rischiano di diventare “competenza” per nuclei speciali (vd. NBCR).

Il pensare e ragionare farà ricordare in altre situazioni l’evento simile già vissuto precedentemente e di conseguenza si adotteranno sul nuovo scenario tutte le opportune procedure di apertura dei locali per il soccorso.