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Nerone, l’incendio di Roma e le prime norme di prevenzione incendi

Nel 64 d.C. nella Roma dominata da Nerone ci fu un incendio devastante, l’incendio più disastroso che abbia mai toccato la città eterna.

Il primo focolaio del grande incendio del 64 d.C. si colloca secondo gli storici nei pressi del Circo Massimo, in particolare nella zona compresa tra i colli Palatino e Celio. Il quartiere in questione era caratterizzato dalla presenza di botteghe artigiane che facevano largo uso di sostanze infiammabili: stoffe, lana, legname ecc. Questi materiali costituivano una miccia perfetta che presto aggredì gli spalti del Circo che, contrariamente all’immagine diffusa da classici della filmografia hollywoodiana, erano di legno e non di marmo.

In pieno periodo estivo, poi, le condizioni erano perfette per favorire la propagazione delle fiamme, sospinte dal vento asciutto passavano velocemente da una costruzione all’altra. Le abitazioni sorgevano una a ridosso dell’altra, separate da vicoli strettissimi e tortuosi che oltre a non costituire valide barriere alla propagazione dell’incendio impedivano alla gente di scappare e ai soccorsi di intervenire.
Per sei giorni le fiamme imperversarono su e giù per i colli senza che nessuna delle strategie messe in atto per arginarle desse esiti favorevoli. Si provò anche ad abbattere interi edifici così da creare il vuoto attorno alle fiamme e impedire a queste di propagarsi. Secondo le cronache di Tacito, fu tutto inutile, il fuoco divorò tutto quello con cui venne in contatto fino alla fine del sesto giorno, quando Roma, ormai devastata per oltre metà della sua superficie, per un attimo, dopo aver visto bruciare l’Esquilino, si illuse che tutto fosse finito.
Purtroppo, però, le fiamme tornarono ad alzarsi nei Giardini Emiliani di proprietà di Tigellino, un fedelissimo di Nerone che da tempo influenzava le scelte dell’imperatore con idee di “economia spregiudicata”. A detta dello storico Tacito, una di queste idee prevedeva di finire di radere al suolo la città per poterla rifondare con un nome nuovo che ricordasse quello di Nerone: Neronia o Neropolis. A sostegno di quanto ipotizzato da Tacito, c’è il fatto che le zone devastate dal secondo incendio fossero caratterizzate da ampi spazi con poco materiale infiammabile.

Roma prima e dopo l'incendio
L’idea più diffusa tra gli storici moderni, vista la modalità con cui progredì l’incendio, si pone a cavallo tra l’idea dell’incidente e del dolo: se è vero, infatti, che la prima fase dell’incendio è riconducibile a una sfortunata casualità è davvero poco credibile che lo sia anche la seconda fase che verosimilmente può essere stata innescata apposta per avere ulteriori aree cittadine da riedificare.

La ricostruzione e le prime norme di Prevenzione Incendi.

Il grande incendio di Roma ebbe conseguenze negative e positive, dirette e indirette. Come si può parlare di conseguenze positive saltando a piè pari quelle negative? Purtroppo quelle negative sono legate ad aspetti che a noi, quasi duemila anni dopo, risultano ormai inconsistenti: un gran numero di vittime, un gran numero di case distrutte, un gran numero di templi e monumenti rasi al suolo… ma sono tutte cose cui non sappiamo dare un volto, una forma, un significato ulteriore a quello letterale delle parole.
Unica eccezione sono le persecuzioni ai danni dei cristiani che condizionarono la storia fino ai giorni nostri e che meritano di essere trattate a parte, anche perché successive addirittura all’avvenuta ricostruzione della maggior parte della città.
Dunque, quali possono essere le conseguenze positive di un disastro di tale portata e tragicità?
Come già accennato all’inizio, la città eterna fino al 64 d.C. era stata costruita senza piani regolatori, senza criteri costruttivi se non quello di sfruttare tutti gli spazi a disposizione anche i più angusti. Per ordine dello stesso Nerone, invece, la ricostruzione avvenne in base a poche ma significative direttive generali.
Innanzitutto vennero tracciati i percorsi delle strade principali stabilendone le dimensioni.
Quindi venne imposto che domus o insulae adiacenti non avessero muri in comune, per evitare che fuoco e crolli potessero ripercuotersi direttamente sulle costruzioni confinanti. Fu imposto anche che gli edifici dovessero essere realizzati con meno legno possibile sfruttando pietre come quelle estratte dalle cave di Gabio e di Alba per gli architravi sopra finestre e porte o i pilastri. Venne istituito un servizio di sorveglianza al fine di garantire a tutti i luoghi della città l’arrivo di un quantitativo adeguato d’acqua.
Poste queste condizioni, Nerone incentivò la ricostruzione – almeno per quanto riguarda la maggior parte delle abitazioni – concedendo significativi rimborsi se i lavori fossero stati ultimati entro un anno dalla catastrofe.
Questo per quanto riguarda le conseguenze che si possono considerare dirette, tra le conseguenze indirette, rientrano invece tutte quelle costruzioni che altrimenti non avrebbero avuto la possibilità di essere erette se la città non fosse stata prima rasa al suolo.
Costruzioni tra le quali si annoverano opere oramai entrate nell’immaginario collettivo tra le quali spiccano la Domus Aurea, la gigantesca e sontuosa nuova residenza dell’imperatore, e il monumento per eccellenza legato al potere della Roma imperiale: il Colosseo.
Nerone e l'incendio di Roma del 64 d.C.
La famosa arena o, più correttamente, l’Anfiteatro Flavio, infatti, realizzato a partire dal 70 d.C. per opera di Vespasiano – successore di Nerone dopo Galba, Otone e Vitellio alla fine della guerra civile ricordata come “l’anno dei quattro imperatori” – sorse su un’area in cui Nerone aveva fatto realizzare un laghetto artificiale impedendo la ricostruzione di quanto andato perso a causa del fuoco.
Insomma, cinicamente, si può affermare che senza incendio e manie di grandezza di Nerone, quello che a oggi è il simbolo per eccellenza nel mondo di Roma e dell’Italia non avrebbe avuto la possibilità di essere eretto, di più, Vespasiano lo realizzò con l’intento di accattivarsi la benevolenza del popolo facendo notare la differenza tra la sua persona “altruista” e quella di Nerone “superba ed egocentrica”.