Piano Nazionale di Emergenza per il Vesuvio: a ottobre l’esercitazione
Il Dipartimento della Protezione Civile, di concerto con il Ministero dell’Interno e le autorità locali, avrebbero organizzato una grande esercitazione per il 19 ottobre della durata di 72 ore.
Il piano di evacuazione per 1 milione e 155 mila residenti in caso di eruzione del Vesuvio è stato completato con la firma degli accordi di gemellaggio tra la Campania e le altre regioni italiani a Palazzo Santa Lucia.
Gli abitanti dei 31 Comuni compresi nella zona rossa dell’area vesuviana e dei 7 Comuni dell’ area Flegrea (inclusi alcuni quartieri di Napoli) saranno distribuiti nelle Regioni italiane in attuazione del piano della Protezione civile.
“E’ un risultato importante – ha detto il capo Dipartimento di Protezione civile Angelo Borrelli – di questi protocolli si parlava dal 2002 e la pianificazione dell’ emergenza Vesuvio è cominciata nel 1984”
Un’ esercitazione nazionale sul rischio vulcanico si svolgerà nell’ area dei Campi Flegrei, dal 16 al 20 Ottobre, nell’ ambito della settimana di Protezione civile istituita proprio quest’anno.
“Non è uno scherzo, ma il modo serio di prepararsi ad eventi che possono essere catastrofici – ha detto il presidente della Giunta regionale della Campania, Vincenzo De Luca – i ragazzi devono sapere a memoria che cosa fare in caso di emergenza, conoscere il luogo in cui dovranno recarsi e le modalità per farlo. Va sperimentato un modello organizzativo di evacuazione”.
“Da settembre – ha aggiunto De Luca – comincerà la campagna di comunicazione che informerà ogni cittadino su dove recarsi in caso di emergenza.
Alla firma dei gemellaggi hanno partecipato i presidenti della Regione Basilicata, Vito Bardi e della Calabria, Mario Oliverio, il Vicepresidente del Molise, Vincenzo Cotugno; gli Assessori delle Regioni Sardegna, Gianni Lampis e del Lazio, Claudio Di Berardino, direttori generali e capi dipartimento delle Regioni italiane.
Le grandi prove di evacuazione di ottobre interesseranno molti comuni dell’area flegrea oltre ai quartieri dell’area occidentale di Napoli. “Nel weekend del 19 ottobre 2019 – spiega l’assessore Alessandra Clemente – ci sarà un’esercitazione che durerà 72 ore. Partiremo già quest’estate con un’attività di coinvolgimento della popolazione. Saranno interessati quasi 2000 cittadini e l’area che abbiamo individuato sul territorio di Napoli è quella di Bagnoli, che già ha una cultura importante legata a questi fenomeni”.
Il Piano

Nel 2014, dopo un lungo percorso di studio e analisi, si è arrivati all’individuazione della nuova zona rossa, cioè l’area per cui l’evacuazione preventiva è l’unica misura di salvaguardia della popolazione. Contestualmente sono stati ridefiniti anche i gemellaggi con le Regioni e le Province Autonome che ospiteranno le persone evacuate. Nel 2015 è stata approvata anche la nuova zona gialla cioè l’area esterna alla zona rossa esposta alla significativa ricaduta di cenere vulcanica e di materiali piroclastici.
Il Piano per l’allontanamento dei 670mila abitanti della zona rossa è costantemente in fase di elaborazione da parte della Regione Campania, con il supporto di ACaMIR – Agenzia Campana Mobilità Infrastrutture e Reti, in raccordo con i comuni interessati. Allo stato attuale, la Regione Campania ha individuato, nell’ambito delle attività del Tavolo di lavoro coordinato dal Dipartimento della protezione civile e composto da tutti gli enti e società con competenza nella gestione della mobilità di rilevanza nazionale, le “Aree di incontro” ed è stata definita la strategia generale per il trasferimento della popolazione presso le Regioni e Province Autonome gemellate.
La zona rossa e la zona gialla sono state individuate dal Dipartimento della protezione civile, sulla base delle indicazioni della Comunità scientifica, e in raccordo con la Regione Campania. Il punto di partenza per l’aggiornamento di queste aree è stato il documento elaborato dal gruppo di lavoro “Scenari e livelli d’allerta” della Commissione Nazionale, istituita nel 2003 per provvedere all’aggiornamento de Piani nazionali di emergenza per l’area vesuviana e flegrea.
La nuova zona rossa, a differenza di quella individuata nel Piano del 2001, comprende oltre a un’area esposta all’invasione di flussi piroclastici (zona rossa 1) anche un’area soggetta ad elevato rischio di crollo delle coperture degli edifici per l’accumulo di depositi piroclastici (zona rossa 2). La ridefinizione di quest’area ha previsto anche il coinvolgimento di alcuni Comuni che hanno potuto indicare, d’intesa con la Regione, quale parte del proprio territorio far ricadere nella zona da evacuare preventivamente. Altri Comuni invece sono stati considerati interamente, sulla base dei loro limiti amministrativi. La nuova zona rossa comprende i territori di 25 comuni delle province di Napoli e di Salerno, ovvero 7 comuni in più rispetto ai 18 previsti dal Piano nazionale di emergenza del 2001. La direttiva del 14 febbraio 2014 ha individuato anche i gemellaggi tra i Comuni della zona rossa e le Regioni e le Province Autonome che accoglieranno la popolazione evacuata. Inoltre, come previsto dalla stessa direttiva, il 31 marzo 2015 sono state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale le Indicazioni operativesulla base delle quali componenti e strutture operative del Servizio Nazionale dovranno aggiornare le rispettive pianificazioni di emergenza per la zona rossa. Queste Indicazioni operative sono contenute in un decreto del Capo Dipartimento della protezione civile e sono state elaborate d’intesa con la Regione Campania e sentita la Conferenza Unificata (sede congiunta della Conferenza Stato-Regioni e della Conferenza Stato-Città ed autonomie locali).
Nella nuova zona gialla, ufficializzata con la direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri uscita in Gazzetta Ufficiale il 19 gennaio 2016, invece ricadono 63 Comuni e tre circoscrizioni del Comune di Napoli. La definizione di quest’area si basa su recenti studi e simulazioni della distribuzione a terra di ceneri vulcaniche prodotte da un’eruzione sub-Pliniana, che è lo scenario di riferimento per l’aggiornamento della pianificazione, e tiene conto delle statistiche storiche del vento in quota.
In particolare, la zona gialla include i territori per i quali è necessario pianificare l’intervento di livello nazionale e regionale per la gestione di una eventuale emergenza; in essi è probabile, infatti, che ricada un quantitativo di ceneri tale da provocare il collasso dei tetti, e questo vincola i Comuni che ne fanno parte ad adeguare la propria pianificazione di emergenza. La ricaduta delle ceneri vulcaniche può produrre, a livello locale, anche altre conseguenze (come l’intasamento delle fognature o la difficoltà di circolazione degli automezzi) che possono interessare anche un’area molto vasta, esterna alla zona gialla. Anche questi comuni dovranno aggiornare le proprie pianificazioni di emergenza. Cosi come già avvenuto per la zona rossa è prevista l’emanazione di Indicazioni operative per l’aggiornamento delle pianificazioni di emergenza per la zona gialla.
Evento di riferimento e livelli di allerta
L’evento di riferimento. Il documento “Scenari e livelli di allerta per il Vesuvio” consegnato dal Gruppo di lavoro della Commissione Nazionale individua come evento di riferimento per il Piano nazionale di emergenza per il Vesuvio un’eruzione esplosiva sub-Pliniana, confermando quanto già assunto nel Piano del 2001.
Questo scenario prevede:
• la formazione di una colonna eruttiva sostenuta alta diversi chilometri;
• la caduta di bombe vulcaniche e blocchi nell’immediato intorno del cratere e di particelle di dimensioni minori (ceneri e lapilli) anche a diverse decine di chilometri di distanza;
• la formazione di flussi piroclastici che scorrerebbero lungo le pendici del vulcano per alcuni chilometri.
L’attività sismica potrà precedere l’eruzione e accompagnarne le diverse fasi, causando danni particolarmente gravi agli edifici già appesantiti dal carico dei prodotti emessi nella prima fase dell’eruzione.
Gli scenari eruttivi attesi. Per la definizione dello scenario di riferimento, è stata valutata la probabilità di accadimento di diversi scenari, corrispondenti a tre tipi di eruzioni esplosive (Pliniana con Indice di Esplosività vulcanica VEI=5, sub-Pliniana con VEI=4 e stromboliana violenta VEI=3).
Sulla base degli studi statistici, per il Vesuvio risulterebbe più probabile (di poco superiore al 70%) l’evento di minore energia (VEI=3), tuttavia gli esperti hanno ritenuto che lo scenario di riferimento da assumere dovesse essere un’eruzione esplosiva sub-Pliniana con VEI=4 per le seguenti motivazioni:
• ha una probabilità condizionata di accadimento piuttosto elevata (di poco inferiore al 30%);
• corrisponde ad una scelta ragionevole di “rischio accettabile” considerato che la probabilità che questo evento venga superato da un’eruzione Pliniana con VEI=5 è di solo 1%;
• dati geofisici non rivelano la presenza di una camera magmatica superficiale con volume sufficiente a generare un’eruzione di tipo Pliniano.
Le aree a rischio previste per un’eruzione sub-pliniana, assunta come scenario di riferimento per il nuovo Piano Vesuvio, coprono anche quelle previste per un’eruzione stromboliana, di minore energia.
Tuttavia, si sottolinea che nonostante sia stato individuato come evento di riferimento un’eruzione sub-pliniana, allo stato attuale delle conoscenze, qualora si presentassero fenomeni legati ad una probabile riattivazione, non sarebbe possibile stabilire dall’analisi dei precursori di quale tipo sarà l’eventuale eruzione.
Le aree di pericolosità. Sulla base dello scenario di riferimento e delle aree a diversa pericolosità sono state definite le due zone del Piano (rossa e gialla) per le quali sono previste differenti misure operative. Verranno inoltre elaborate specifiche indicazioni operative per la gestione degli effetti connessi con i fenomeni di alluvionamento e invasione da colate rapide di fango (lahar).
I livelli di allerta. Il gruppo di lavoro ha ritenuto di mantenere gli stessi livelli di allerta previsti nel Piano del 2001, ovvero un livello verde (base), un livello giallo (attenzione), un livello arancione (pre-allarme) e un livello rosso (allarme), in conformità con quanto previsto per la maggior parte dei vulcani monitorati sul nostro pianeta. I quattro livelli di allerta scandiscono il tempo che precede una possibile ripresa di attività eruttiva.
Attualmente il livello di allerta al Vesuvio è verde, ossia non si registra alcun fenomeno anomalo rispetto all’ordinaria attività che caratterizza da decenni il vulcano. Il passaggio da un livello di allerta al successivo corrisponde alla variazione dei parametri (sismicità, deformazione del suolo, composizione dei gas nelle fumarole, ecc.) ordinariamente monitorati, 24 ore su 24, dal sistema di monitoraggio gestito dall’Osservatorio Vesuviano dell’Ingv e comporta un aumento progressivo della probabilità di riattivazione eruttiva del vulcano. Di conseguenza si modula la risposta crescente del sistema di protezione civile, che culmina con l’evacuazione della popolazione presente nella zona rossa (livello di allarme).
La nuova zona rossa
La “zona rossa” è l’area per cui l’evacuazione preventiva è l’unica misura di salvaguardia della popolazione. A differenza di quella individuata nel Piano del 2001, la nuova zona rossa comprende oltre ad un’area esposta all’invasione di flussi piroclastici, definita “zona rossa 1”, anche un’area soggetta ad elevato rischio di crollo delle coperture degli edifici per l’accumulo di depositi piroclastici (ceneri vulcaniche e lapilli), definita “zona rossa 2”.
Studi alla base della ridefinizione della zona rossa. Il gruppo di lavoro della Commissione Nazionale, incaricata di aggiornare il Piano di emergenza per il Vesuvio ha ridefinito l’estensione dell’area esposta ai flussi piroclastici, rimarcando l’opportunità che i limiti della nuova zona rossa venissero ampliati rispetto al Piano vigente. La Commissione Grandi Rischi-Settore Rischio vulcanico, convocata dal Dipartimento della protezione civile per esprimere un proprio parere in merito, ha confrontato l’area individuata nel documento con i più recenti studi svolti sul tema. In particolare, i risultati del gruppo di lavoro sono stati raffrontati con la linea che individua l’area a media frequenza di invasione da flussi piroclastici tracciata nella pubblicazione scientifica del 2010 di Gurioli et al. “Pyroclastic flow hazard assessment at Somma Vesuvius based on geological record”, ritenendo gli studi sostanzialmente coerenti. Per l’individuazione delle zone esposte ad elevato rischio di crollo delle coperture degli edifici, sono stati considerati anche i risultati del Progetto SPeeD che ha combinato l’analisi delle curve di carico del deposito di ricaduta di ceneri con i dati di vulnerabilità delle coperture degli edifici.
Elenco dei comuni in zona rossa. Di conseguenza, la nuova zona rossa è stata ampliata, rispetto a quella prevista nel Piano del 2001, comprendendo i territori di 25 Comuni. Oltre ai 18 indicati già in zona rossa (Boscoreale, Boscotrecase, Cercola, Ercolano, Massa di Somma, Ottaviano, Pollena Trocchia, Pompei, Portici, Sant’Anastasia, San Giorgio a Cremano, San Sebastiano al Vesuvio, San Giuseppe Vesuviano, Somma Vesuviana, Terzigno, Torre Annunziata, Torre del Greco, Trecase), sono stati ricompresi per intero i Comuni di Palma Campania, Poggiomarino, San Gennaro Vesuviano e Scafati e solo in parte le circoscrizioni di Barra, Ponticelli e San Giovanni a Teduccio del Comune di Napoli, il Comune di Nola e l’enclave di Pomigliano d’Arco nel Comune di Sant’Anastasia.
Ridefinizione dei confini della nuova zona rossa. Nella prima versione di aggiornamento del Piano nazionale di emergenza definita dal Dipartimento, i 24 comuni e le 3 circoscrizioni di Napoli sono stati inclusi interamente nella “zona rossa”, assumendo come riferimento i limiti amministrativi. La scelta del Dipartimento di considerare i limiti comunali – o delle municipalità, nel caso di Napoli – è stata legata alla necessità di integrare successivamente informazioni operative di dettaglio del territorio. Per questo, anche in un’ottica di condivisione e collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti nella pianificazione nazionale, è stato chiesto ai singoli Comuni della nuova “zona rossa” di proporre, d’intesa con la Regione Campania, confini diversi dai propri limiti amministrativi, nel caso in cui ritenessero di essere in grado di gestire evacuazioni parziali delle proprie comunità. Per questa ridelimitazione, il Dipartimento ha posto due condizioni: che i confini proposti non fossero inferiori alla delimitazione della “zona rossa 1”, cioè quella soggetta all’invasione di flussi piroclastici; che i Comuni in zona rossa 2 potessero dimostrare di aver rafforzato le coperture degli edifici vulnerabili esposti alla ricaduta di depositi piroclastici.
Il Dipartimento ha comunque ritenuto opportuno che i 18 comuni già individuati nel vecchio Piano mantenessero i confini amministrativi come perimetro della zona rossa, vista la consapevolezza maturata negli anni da queste comunità di vivere in un’area ad elevato rischio vulcanico e lo sforzo compiuto da alcuni enti locali per adottare opportune misure di prevenzione.
Sono tre i comuni che hanno proposto delle ridelimitazioni: il Comune di Napoli, il Comune di Nola e Pomigliano d’Arco. Per tutti gli altri comuni, sono considerati i limiti amministrativi come confini della nuova zona rossa. Le modifiche proposte sono state accolte dalla Giunta Regionale con delibera del 26 luglio 2013, e di seguito approvate definitivamente il 14 febbraio 2014 nella direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri, che aveva ricevuto l’intesa della Conferenza Unificata il 6 febbraio 2014.
Pianificazione di strutture operative e componenti del Servizio Nazionale. Come previsto dalla direttiva del 14 febbraio 2014, il 31 marzo 2015 è uscito in Gazzetta Ufficiale il decreto del Capo Dipartimento della protezione civile che contiene le Indicazioni operative che componenti e strutture operative del Servizio Nazionale dovranno seguire per aggiornare le rispettive pianificazioni di emergenza in caso di evacuazione della zona rossa. Infatti, solo quando i criteri e le strategie generali troveranno applicazione nelle pianificazioni di tutti i soggetti coinvolti, il Piano nazionale di emergenza potrà diventare uno strumento realmente operativo.
Nello specifico, le indicazioni sono articolate in sei diverse sezioni. Dopo una parte che descrive la strategia generale che tutto il Servizio Nazionale dovrà seguire nelle fasi operative corrispondenti ai livelli di allerta di attenzione, pre-allarme e allarme, il documento contiene gli indirizzi per la pianificazione interna, di settore e di comunicazione. In particolare:
– pianificazioni interne prevedono procedure e azioni per la salvaguardia delle risorse umane e strumentali che ciascuna componente o struttura operativa ha in zona rossa;
– le pianificazioni di settore dovranno garantire la risposta delle componenti e strutture operative alle diverse fasi operative e l’integrazione e l’armonizzazione delle azioni delle diverse amministrazioni ed enti per il raggiungimento degli obiettivi generali;
– i piani di comunicazione programmano le attività di informazione e comunicazione delle componenti e strutture operative nelle diverse fasi.
Il documento inoltre definisce gli elementi necessari alla Regione Campania, agli enti locali interessati e alle Regioni e Province autonome per elaborare i piani di allontanamento dalla zona rossa e di trasferimento e accoglienza della popolazione. Indicazioni specifiche vengono date anche alla Regione Campania e agli enti locali per aggiornare la propria pianificazione di emergenza. Un capitolo è dedicato alle attività di pianificazione e coordinamento generale che spettano al Dipartimento della protezione civile, mentre l’ultima parte del documento fornisce elementi volti a garantire la continuità amministrativa degli enti locali.
Gemellaggi e piano di allontanamento

Schema dei gemellaggi. Per garantire l’assistenza alla popolazione dei comuni in zona rossa, nella direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 febbraio 2014, è stato ridefinito lo schema di gemellaggio da attuare tra questi comuni e le Regioni e le Province Autonome nel caso di evacuazione preventiva.
Lo schema di gemellaggio prevede che la popolazione di Portici sia assistita in Piemonte; di Nola in Valle D’Aosta; di Cercola in Liguria; di Torre del Greco e Somma Vesuviana in Lombardia; di Pollena Trocchia in Trentino Alto Adige; di San Giuseppe Vesuviano, Sant’Anastasia (compreso l’enclave di Pomigliano D’Arco) in Veneto; di Palma Campania in Friuli Venezia-Giulia; di Ercolano in Emilia Romagna; di San Giorgio a Cremano in Toscana; di San Gennaro Vesuviano in Umbria; di Poggiomarino nelle Marche; di Ottaviano e le circoscrizioni di Napoli nel Lazio; di Terzigno in Abruzzo; di Massa di Somma in Molise; di Torre Annunziata e San Sebastiano al Vesuvio in Puglia; di Boscotrecase in Basilicata; di Boscoreale in Calabria; di Scafati e Trecase in Sicilia; e Pompei in Sardegna. Per rendere operativi i gemellaggi, le Regioni e le Province autonome dovranno sottoscrivere protocolli d’intesa con la Regione Campania e i comuni in zona rossa, in accordo con il Dipartimento.

Piano di allontanamento della popolazione dalla zona rossa. Per regolare lo spostamento delle persone da evacuare è stato elaborato un Piano per l’allontanamento della popolazione. Il documento è stato redatto con l’obiettivo di realizzare l’evacuazione in 72 ore, con partenza contemporanea e cadenzata da tutti i Comuni della zona rossa, nell’ipotesi cautelativa che l’allontanamento, sia spontaneo, sia assistito, di tutti i suoi 670mila abitanti avvenga simultaneamente (e che non ci siano stati quindi precedenti allontanamenti spontanei). In particolare, lo spostamento assistito delle persone dalle “Aree di attesa”, definite nel Piano di protezione civile di ogni Comune, alle “Aree di incontro”, individuate appena fuori dalla zona rossa, avverrà con pullman messi a disposizione dalla Regione Campania mentre il loro trasferimento verso i “Punti di prima accoglienza” nelle Regioni e Province autonome gemellate potrà avvenire con modalità diverse (pullman, treni o navi) a seconda delle destinazioni, per limitare il carico sulle infrastrutture di mobilità e i disagi alla popolazione. Le persone potranno scegliere anche di spostarsi autonomamente, con il proprio mezzo di trasporto. In questo caso, potranno farlo seguendo percorsi stradali di uscita dalla zona rossa stabiliti nel Piano di allontanamento per poi proseguire direttamente verso i “Punti di prima accoglienza” individuati nelle Regioni e Province Autonome gemellate. In entrambi i casi, comunque, l’uscita dalla zona rossa dovrà avvenire attraverso i “cancelli” individuati nel Piano.
Le “Aree di incontro” insieme alle modalità di trasferimento della popolazione della Zona Rossa sono state ufficializzate con Delibera della Regione Campania n.8 del 17 gennaio 2017.
Il Piano per l’allontanamento della popolazione della zona rossa è in fase di elaborazione dalla Regione Campania, con il supporto di ACaMIR – Agenzia Campana Mobilità Infrastrutture e Reti, in raccordo con i comuni interessati. Allo stato attuale la Regione Campania ha individuato, nell’ambito delle attività del tavolo di lavoro coordinato dal Dipartimento della protezione civile e composto da tutti gli enti e società con competenza nella gestione della mobilità di rilevanza nazionale, le aree di incontro ed è stata definita la strategia generale per il trasferimento della popolazione presso le Regioni e Province Autonome gemellate.
Per garantire una corretta gestione della viabilità e della circolazione ferroviaria sono in corso attività di pianificazione da parte di Viabilità Italia, in raccordo con i Comitati Operativi della Viabilità (Cov) delle differenti Prefetture, e, per la parte ferroviaria, dei gestori della rete e delle imprese che esercitano sulle linee a lunga percorrenza. Saranno inoltre stabilite le attività necessarie per l’attivazione del sistema di trasporto navale.
Le Regioni e Province autonome gemellate devono redigere specifici Piani per il trasferimento della popolazione allontanata dalla Zona rossa e per l’accoglienza sul proprio territorio.
Modello di intervento del Servizio Nazionale di protezione civile. In raccordo con la Regione Campania, il Dipartimento della protezione civile ha elaborato un modello di intervento da attuare in caso di passaggio dall’attuale stato di equilibrio del Vesuvio (livello verde) ai livelli di allerta giallo, arancione e rosso, con la conseguente attivazione delle diverse fasi operative (attenzione, pre-allarme e allarme).
Il modello in particolare definisce l’organizzazione del Servizio Nazionale della Protezione Civile nello svolgimento delle attività operative necessarie a gestire eventuali eventi emergenziali (dall’attivazione del Comitato operativo, alla strutturazione della Di.Coma.C e dei centri operativi e di coordinamento sul territorio). Tale documento è già stato condiviso con le componenti e le strutture operative di protezione civile e, a breve, sarà ufficializzato in uno specifico documento che ne definirà i dettagli.
Nuova zona gialla

La “zona gialla” è l’area, esterna alla zona rossa, che in caso di eruzione del Vesuvio è esposta alla significativa ricaduta di cenere vulcanica e di materiali piroclastici. Infatti, l’evento di riferimento per l’aggiornamento della pianificazione, cioè un’eruzione di tipo sub-pliniano, prevede la formazione di una colonna eruttiva di ceneri e gas vulcanici che può innalzarsi per 10-20 km sopra la bocca del vulcano. Raggiunta questa altezza, la colonna eruttiva è normalmente piegata dal vento e il materiale solido ricade al suolo, nell’area sottovento, dando luogo a una continua e fitta pioggia di cenere e lapilli.
In poche ore, la continua emissione di questo materiale può portare ad accumuli considerevoli di ceneri vulcaniche nel raggio di 10-15 km dal vulcano. Spessori minori ma comunque importanti ai fini della pianificazione possono interessare un’area di 300-1000 km2 e distanze di 20-50 km dal Vesuvio. L’estensione dell’area esposta alla ricaduta di ceneri vulcaniche dipende dall’altezza della colonna eruttiva, dalla direzione e dalla velocità del vento presente al momento dell’eruzione.
Studi e documenti alla base della ridefinizione della zona gialla. Come per l’aggiornamento della zona rossa, la nuova proposta di zona gialla discende dal documento “Scenari eruttivi e livelli di allerta”, consegnato al Dipartimento della protezione civile ad aprile 2012 dal Gruppo di lavoro della Commissione Nazionale incaricata di aggiornale la pianificazione di emergenza per l’area vesuviana e flegrea.
L’aggiornamento della zona gialla ha tenuto conto anche dei risultati degli studi e delle simulazioni realizzati nell’ambito del progetto “Scenari di pericolosità e danno” (SPeeD), finanziato nell’ambito della convenzione quadro stipulata tra Dipartimento della protezione civile e Assessorato della protezione civile della Regione Campania il 21 luglio 2006.
In aggiunta, è stato chiesto all’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – Ingv di approfondire gli studi statistici sulla dispersione delle ceneri vulcaniche emesse in caso di eruzione, tenendo in considerazione i diversi modelli di vento a quote medie-alte, ad oggi disponibili.
Criteri per la ridefinizione della zona gialla. Sulla base dell’evento di riferimento, ossia un’eruzione esplosiva “sub-pliniana” (altezza della colonna eruttiva di 18 km), lo studio dell’Ingv ha valutato la distribuzione a terra delle ceneri vulcaniche, anche in funzione della variabile del vento. In particolare, sono state prodotte mappe di probabilità che evidenziano le aree dove è possibile un accumulo di ceneri pari a 20-40 cm (200-400 kg/m2), in grado di causare il collasso di tetti con resistenza medio-bassa.
In coerenza con quanto già considerato nel Piano di emergenza del 1995, poi aggiornato nel 2001, il Dipartimento della protezione civile, in accordo con la Regione Campania, ha delineato la zona gialla sulla base della curva di probabilità del 5% relativa a un carico di ceneri vulcaniche pari a 300 kg/m2.
Elenco dei comuni in zona gialla. Nella nuova zona gialla ricadono 63 Comuni e tre circoscrizioni del Comune di Napoli. I comuni sono: Agerola, Angri, Avella, Baiano, Bracigliano, Brusciano, Camposano, Carbonara di Nola, Casalnuovo di Napoli, Casamarciano, Casola di Napoli, Castel San Giorgio, Castellammare di Stabia, Castello di Cisterna, Cava de’ Tirreni, Cimitile, Comiziano, Corbara, Domicella, Forino, Gragnano, Lauro, Lettere, Liveri, Mariglianella, Marigliano, Marzano di Nola, Mercato San Severino, Meta, Monteforte Irpino, Moschiano, Mugnano del Cardinale, Nocera Inferiore, Nocera Superiore, Nola, Pagani, Pago del Vallo di Lauro, Pimonte, Pomigliano d’Arco, Positano, Quindici, Ravello, Roccapiemonte, San Marzano sul Sarno, San Paolo Bel Sito, San Valentino Torio, San Vitaliano, Santa Maria la Carità, Sant’Antonio Abate, Sant’Egidio del Monte Albino, Sarno, Saviano, Scala, Scisciano, Siano, Sperone, Striano, Taurano, Tramonti, Tufino, Vico Equense, Visciano e Volla. Del Comune di Napoli rientrano le circoscrizioni di Barra, Ponticelli e San Giovanni a Teduccio.
Per questi comuni, oltre alla pianificazione dell’intervento di livello nazionale e regionale, si dovrà prevedere nei piani comunali la predisposizione di misure specifiche, considerando che potrebbero essere necessari allontanamenti temporanei della popolazione che risiede in edifici resi vulnerabili o difficilmente accessibili dall’accumulo di ceneri. Tuttavia, le strategie operative definite nei piani di emergenza dovranno essere diversificate e “dinamiche”, poiché l’area esposta alla ricaduta di ceneri non è individuabile a priori, ma lo sarà solo ad evento in corso, in base alla direzione del vento e all’effettiva scala dell’evento vulcanico.
La nuova zona gialla è stata approvata con la delibera della Regione Campania del 9 febbraio 2015 e di seguito formalizzata con direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri pubblicata il 19 gennaio 2016 in Gazzetta Ufficiale. La direttiva assegna al Capo del Dipartimento, d’intesa con la Regione Campania, sentita la Conferenza Unificata, il compito di fornire alle diverse componenti e strutture operative del Servizio nazionale della protezione civile le indicazioni per l’aggiornamento delle rispettive pianificazioni di emergenza ai fini della salvaguardia della popolazione della zona gialla. Sulla base di queste componenti e strutture operative destinatarie delle indicazioni devono provvedere alla redazione, aggiornamento e adeguamento delle rispettive pianificazioni di emergenza.
Comuni fuori zona gialla. Anche aree esterne alla zona gialla possono essere interessate da ricadute significative di ceneri che possono provocare conseguenze rilevanti sui servizi e le reti (come l’intasamento delle fognature, la difficoltà di circolazione degli automezzi, l’interruzione di linee elettriche e di comunicazione). Sulla base delle curve di probabilità del 5% relative ai carichi di ceneri vulcaniche pari a 200, 100 e 50 kg/m2, sono quindi state individuate queste ulteriori aree, dove sono possibili cumuli di ceneri pari a 20, 10 e 5 cm. I Comuni che ricadono in questo territorio dovranno prevedere nei propri piani specifiche indicazioni per far fronte alle conseguenze provocate dall’accumulo di ceneri, con particolare riferimento alle misure necessarie a ripristinare la funzionalità di tutti i servizi essenziali.
Riferimenti: